30/04/10

La leggenda dell'usignolo, il maki sushi e un artista contemporaneo con la libertà e spontaneità?.... vediamo cosa viene fuori



LA LEGGENDA DELL'USIGNOLO (antichissima leggenda giapponese)
In un'isola lontana di un paese del Sol Levante regnava un superbo imperatore. Era un sovrano molto vanitoso, che amava circondarsi di cose stupende e perciò tutto nel suo regno era incantevole. Anche sua figlia era bellissima ed egli l'aveva chiamata Splendore del Giorno. L'imperatore sceglieva per lei i vestiti più sontuosi, pretendeva che si ornasse con gemme e diademi preziosi e che il suo trucco fosse perfetto. Non l'abbracciava mai; la guardava solo per assicurarsi che la sua bellezza e il suo abbigliamento fossero sempre degni di una regina.
Ma Splendore del Giorno si sentiva oppressa da tutte queste ricchezze, priva di affetto e schiava della vanità del padre. Trascorreva il suo tempo passeggiando lungo i viali più reconditi dell'immenso giardino per nascondere agli altri le sue lacrime. Ella sognava d'essere povera, ma libera e amata.
Un mattino, in cui si sentiva più triste del solito, la principessa si rivolse al Buddha di giada del suo palazzo, con questa preghiera:
"O dio della saggezza, aiutami a fuggire da questa prigione. Dammi la possibilità di andar via col vento profumato sui prati fioriti e di volare con gli uccelli nel cielo turchino".
Buddha indossò allora una veste di luce e così rispose alla giovane:
"Ti offro cento lune per ubriacarti di libertà. Ogni sera, all'ultimo rintocco della mezzanotte, ti trasformerai in un uccello. Ma non appena il sole sorgerà, tu tornerai ad essere quella che sei, la principessa Splendore del Giorno.
Sappi però che l'incantesimo durerà fino al termine delle cento lune".
"Sono pronta ad assumermi tutti i rischi" affermò la giovane.
Buddha mantenne la sua promessa e quella stessa notte, al dodicesimo tocco della mezzanotte, Splendore del Giorno fu trasformata in un uccello. Finalmente poteva allontanarsi dalla sua prigione dorata!
Volò in alto, ancora più in alto finché la sua casa non divenne che un punto luminoso e lontano. Piena di felicità, Splendore del Giorno si mise a cantare e il suo canto melodioso si propagò per la campagna addormentata come un inno di gioia. All'alba l'incantesimo cessò e, riprese le sue sembianze, la principessa tornò al palazzo reale.
Ben presto però l'imperatore venne a sapere che, quando scendeva la notte e la luna brillava sul mare, un uccello cantava in modo così melodioso che certamente doveva trattarsi di un essere divino. Che tipo di uccello era quello che egli ancora non possedeva? Subito ordinò ai suoi soldati di catturarlo.
Passò un mese, ma i samurai non riuscirono a prendere lo straordinario esemplare. Infatti Splendore del Giorno riusciva abilmente a sfuggire a tutte le trappole che le venivano tese. Fu così che il superbo imperatore, beffato dall'uccello sconosciuto, si ammalò. Perse l'appetito e il sonno, deperì ogni giorno di più e alla fine dovette mettersi a letto.
Splendore del Giorno, preoccupata per la sorte del padre, pregò di nuovo Buddha:
"O dio della saggezza, sono pronta a sacrificare la mia libertà in cambio della vita di mio padre. Ti supplico, rompi l'incantesimo e guariscilo dal suo folle male".
"Non è in mio potere salvare tuo padre dalla sua stupida ambizione. Tuttavia accolgo la tua richiesta di rompere l'incantesimo, anche se le cento lune non sono ancora trascorse. Può darsi che in questo modo tuo padre ritrovi il piacere di vivere e che questa prova possa averlo reso più umile".
Da allora Splendore del Giorno circondò il padre di amore e di premure e, per aiutarlo a guarire, chiamò al suo capezzale i più famosi dottori che gli prodigarono cure d'ogni genere. Malgrado ciò il sovrano, sognando l'uccello divino, si consumò lentamente fino a morire.
Splendore del Giorno aprì ai sudditi più poveri del regno le porte del suo palazzo e mise a disposizione di tutti, contadini e pescatori, le immense ricchezze che suo padre, con orgoglio e vanità, aveva accumulato.
Adorata dalla sua gente, che la venerò come una dea, la principessa visse felice e finalmente libera.
Il dio Buddha, per ripagarla di tanta generosità, popolò la sua isola di uccelli divini, a cui Splendore del Giorno diede il nome di usignoli.
Da quel momento, e sono passati ormai tanti secoli, quando la luna emana i suoi ultimi chiarori e il sole comincia a tingere di rosa il cielo, l'usignolo canta: il suo canto melodioso è un inno alla libertà dell'uomo.

MAKI SUSHI
Ingredienti:
300g di riso tondo giapponese
370g di acqua
2 cucchiai di saké (facoltativo)
2 cucchiai di aceto di riso
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di zucchero
4 fogli di alga nori
1 avocado
1 limone
1 cetriolo
250g di tonno (filetto)
wasabi
salsa di soia

Preparazione
Lavate il riso, versarlo in una ciotola capiente, coprite con dell’acqua fredda, mescolate con le mani, svuotate l’acqua e ripetete due volte l’operazione. A termine versate il riso in uno scolapasta e lasciatelo sgocciolare per 15 minuti.
Nel frattempo preparate il ripieno dei maki: sbucciate l’avocado, tagliatelo a 4 spicchi poi a fette spesse mezzo centimetro, infine a bastoncini. Fate lo stesso con il cetriolo. Irrorate col succo del limone e mettete da parte. Togliete eventuale pelle al tonno e affettate anche il pesce a fettine di mezzo cm.
Cuocete il riso: versate il riso e l’acqua in una pentola, coprite e portate a ebollizione. Lasciar cuocere per 5 minuti, poi abbassate la fiamma e lasciar cuocere
per altri 5-10 minuti (non andrebbe mai scoperchiato il riso). A fine cottura togliete il coperchio e coprite la pentola con un canovaccio pulito, lasciate per 10-15 minuti. Nel frattempo mescolate l’aceto e il sale, fate scaldare a fuoco basso e aggiungete lo zucchero. Versate il riso caldo in un piatto capiente e versateci il miscuglio di aceto, mescolate bene con un cucchiaio di legno (nel frattempo bisognerebbe agitare un ventaglio per far scendere la temperatura del riso).
Assemblate i maki: disponete un foglio di nori sulla stoietta, copritelo con due-tre cucchiai di riso, lasciando libero il bordo superiore (3cm). A 3 cm del bordo inferiore spalmate una striciolina di wasabi su tutta la lunghezza, disponete poi delle fettine di tonno e di avocado odi cetriolo e, aiutandovi con la stuoietta, arrotolate il tutto, premendo bene. Chiudete bene il rotolo e infine tagliatelo a segmenti con un coltello affilato da immergere in acqua fredda prima di ogni taglio. Servire con della salsa di soia, crema di balsamico, wasabi e fettine zenzero sotto aceto.

Un inno alla semplicità alla genuinità di sapori profumi e colori, nella leggenda si parla di libertà per esprimere se stessi in qualcosa di semplice e soave come il volo e il canto di un uccello. La libertà, qualcosa che a volte si ottiene a costo di sacrifici e sofferenze evidentemente non solo personali, ma ne vale la pena? direi proprio di si. La genuinità dei rapporti la semplicità la sincerità sono tutte sfaccettature di quella libertà personale che ogniuno di noi ricerca nella vita e nelle relazioni che siano d'amore amicizia o semplice rispetto reciproco. Concludo dicendo che è facile pretendere queste cose dalle persone che ci circondano e alle quali teniamo ma è difficile a volte darle in cambio. Dovremmo tutti sforzarci un po' di più. Alla prossima...

23/04/10

Salvador Dalì Gli orologi molli: la persistenza della memoria, la leggenda del cioccolato e la succulenta ciambella cioccolato e pere... a ver...




L'ANTICA LEGGENDA DEL CACAO, IL MITO DEL DIO QUETZALCOATL.
I primi agricoltori di cacao furono i Maya, secondo una leggenda, per volontà del loro terzo re Hunahpu; per essi era talmente prezioso il cacao da essere utilizzato come moneta nel commercio con le altre tribù.
Dopo il X secolo, con la misteriosa distruzione della civiltà Maya, quegli stessi terreni furono coltivati dalla tribù dei Toltechi, proveniente dal nord, il cui re, Topiltzin Quetzalcoàtl (Serpente Piumato), fu divinizzato per la sua immensa bontà, entrando a far parte della mitologia azteca.
Secondo il mito, il Dio era possessore di un tesoro immenso fatto di “tutte le ricchezze del mondo, oro, argento, pietre verdi chiamate chalchiuitl ed altri oggetti preziosi, come una grande abbondanza di alberi di cacao dai diversi colori”.
Nell’epoca in cui Quetzalcoàtl era ancora un re, per porre fine ad una grave malattia che lo aveva colpito, venne spinto a bere una pozione, che lo portò però alla pazzia; il re allora fuggì verso il mare dove, con una zattera di serpenti intrecciati, si allontanò scomparendo nel mistero promettendo il suo ritorno nell’anno posto sotto il segno del “Ce-acatl”, al fine di riprendersi il suo regno.
Quando giunse quel tempo, nel 1519, una grande nave carica di uomini con armature scintillanti come scaglie di serpente ed elmetti piumati, fece la sua comparsa vicino alla costa orientale del regno azteco.
L’imperatore Montezuma credette subito alla profezia ed accolse pacificamente quella nave pronto a restituire il regno al Dio Quetzalcoàtl; dal battello però scese non il Dio azteco ma il conquistatore spagnolo Hernàn Cortès il quale offrì a quel popolo doni d’oro, argento e pietre preziose, oltre a cesti pieni di semi di cacao.
Da quel momento in poi il cacao e la cioccolata, la gustosa bevanda che da esso deriva, cominciarono a farsi conoscere al mondo.

CIAMBELLA CIOCCOLATO E PERE
La casa sa di buono, i nutrizionisti dicono che il cioccolato fondente fa bene alla salute e ancora di più all’umore. Quindi stamattina perchè non rispolverare un'altra ricetta della nonna? E allora via con le mani in pasta e con l'ingrediente segreto di questo periodo...

Ingredienti:
70 gr. di cioccolato fondente al 70%
250 gr. di farina 00
150 gr. di zucchero semolato
3 uova
60 gr. di olio extra vergine di oliva
125 gr. di latte
una bustina di lievito per dolci
3 piccole pere di maturazione media
cannella qb
un pizzico di sale
zucchero a velo

Preparazione:
Prima di iniziare ungere la teglia e infarinarla.
Prendete una bella ciotola dove versare lo zucchero e rompere le tre uova, sbattere finché non si forma un composto morbido e spumoso. Aggiungere la farina setacciata con un pizzico di sale poco alla volta e continuando a girare, unire l’olio ed il cioccolato sciolto a bagnomaria (che non sia bollente altrimenti via di frittatona al cioccolato).
Preriscladare il forno a 180 gradi, continuare a girare l'impasto fino a renderlo completamente uniforme. Sbucciare e tagliare le pere a dadini, spolverizzarle con un velo di cannella e di farina (la cannella rilascia il suo aroma profumato, la farina aiuterà i pezzetti di pera a rimanere in sospensione all’interno dell’impasto, evitando che vadano in caduta libera a depositarsi sul fondo del dolce).
Stemperare il lievito nel latte e versare il tutto sul composto, girando rapidamente fino ad incorporare perfettamente, versare a questo punto l’impasto nella ciambella e distribuire sulla superficie i pezzetti di pera. Infornare e lasciare cuocere nel forno già caldo per quarantacinque minuti, senza aprirlo se non a tempo scaduto per l’ineffabile prova stecchino. Lasciare che il dolce si raffreddi in forno e spolverizzalo di zucchero a velo prima di servirlo.
Il momento ideale per consumare questo dolce è intorno alle 1730 nel pomeriggio quando si risveglia un leggero languorino nello stomaco insieme ad una tazza di tè, o come dolce serale dopo una bella cena con amici accompagnato da una sfera di gelato alla vaniglia.

Non ha un perchè questa ricetta, avevo bisogno di farla per sentirmi vicino a più di una persona. I profumi che sprigiona nel forno, quei movimenti lenti che conosco e ripeto ormai da anni per prepararla mi consentono di pensare e schiarirmi le idee. E' la stessa sensazione che mi da quell'enigmatico quadro di Salvsdor Dalì, non lo amo particolarmente come artista ma devo ammettere che qualcosa di quest'opera mi attrae, mi permette di pensare.
Il tempo, gli orologi, la millenaria storia di un'opera d'arte in se (non un ingrediente qualunque) come il cioccolato ti fanno pensare alle cose realmente importanti e a ciò che realmente desideri. Quando morderete un pezzo di questo dolce vi sentirete avvolgere da un sapore forte deciso ma dolce e coinvolgente (sembra che parli di una persona quasi, ma è così le sensazioni che ho sono queste), la consistenza della pera così simile all'immagine degli orologi, una serie come sempre di sensazioni e si anche seghe mentali.
Come sempre buon appetito...

15/04/10

Peperoni in agrodolce con mollica e mandorle, Dedalo e Icaro e la canestra di frutta del Caravaggio? Il primo vero post di sensazioni pure...



DEDALO E ICARO
Icaro, era figlio di Dedalo e Naucrate, una delle schiave di Minosse. Il padre Dedalo era un ottimo fabbro, infatti Atena stessa l'aveva iniziato a quell'arte. Uno dei suoi apprendisti, era suo nipote Talo, figlio di Policasta, sorella di Dedalo. Già a sedici anni Talo aveva superato suo zio in abilità, difatti aveva inventato diversi attrezzi tra cui la sega. Essendo geloso perchè tutta la fama andava a Talo, decise di ucciderlo spingendolo dal tetto del tempio di Atena. Oltre ad essere invidioso Dedalo, sospettava che suo nipote avesse avuto dei rapporti incestuosi con Policasta. Dopo averlo spinto, Dedalo scese dal tempio e chiuse il corpo di Talo in una sacca, per seppellirlo in un luogo deserto. Interrogato dai passanti rispondeva che nel sacco c'era un serpente, ma camminando apparvero delle macchie di sangue sulla sacca e il delitto fu scoperto. L'anima di Talo volò sotto forma di pernice, mentre il suo corpo fu sepoltp là dove era caduto. Policasta, quando seppe la notizia si impiccò e gli Ateniesi eressero un santuario in suo onore presso l'Acropoli. L'Areopago condannò Dedalo all'esilio per omicidio; secondo altri, invece, egli fuggì prima di essere condannato da un processo. Dedalo si rifugiò in uno dei demi attici, i cui abitanti presero da lui il nome di Dedalidi; poi si fu accolto a Cnosso, in Creta, dal re Minosse che fu ben lieto di accogliere un artefice molto dotato. Egli visse per molto tempo a Cnosso, fino a quando re Minosse seppe che egli aveva aiutato Pasifae ad accoppiarsi con il toro bianco di Posidone, così rinchiuse Dedalo ed Icaro, avuto da Naucrate, nel Labirinto. Ma Pasifae li liberò entrambi. Fuggire da Creta non fu un'impresa molto facile, poichè Minosse faceva sorvegliare tutte le navi e offrì inoltre una ricca ricompensa a chi avesse catturato Dedalo. Con l'astuzia, Dedalo, costruì un paio di ali per se stesso ed un altro per Icaro. Dopo aver saldato le ali alle spalle di Icaro, con della cera, con le lacrime agli occhi, Dedalo gli raccomandò di stare attento e di non volare troppo in alto perchè il sole avrebbe potuto sciogliere la cera ne troppo in basso perchè le ali si sarebbero inumidite con i vapori del mare. Dopo questo, Dedalo si innalzò in volo seguito da Icaro. Mentre si allontanavano dall'isola, battendo ritmicamente le ali, i contadini, i pescatori e i pastori che alzarono lo sguardo verso di loro li scambiarono per dei. Quando si furono lasciate Masso, Delo e Paro alla sinistra e Lebinto e Calimne alla destra, Icaro disobbedì agli ordini del padre e cominciò a volare verso il sole, inebriato dalla velocità che le grandi ali imprimevano al suo corpo. Ad un tratto Dedalo, guardandosi alle spalle, non vide più suo figlio, ma soltanto delle piume sparse che galleggiavano sulle onde sotto di lui. Infatti il calore del sole aveva sciolto la cera e Icaro era precipitato in mare, annegandovi. Dedalo volò a lungo in quel luogo, finchè il cadavere di Icaro riemerse. Lo portò allora in un'isola vicina, chiamata ora Icaria, dove lo seppellì. Una pernice appollaiata su una quercia lo osservò scavare la fossa squittendo di gioia: era l'anima di Talo, finalmente vendicata.

PEPERONI IN AGRODOLCE CON MOLLICA E MANDORLE
Come per ogni ricetta di famiglia insegnataci da nonne, zie o mamme non ci sono dosaggi predefiniti o precisi, ma comunque un idea sulle quantità riesco a darvela... Tengo molto a questa ricetta e la pubblico quasi a mo di esorcismo...Buon appetito

Ingredienti:
2 peperoni grandi per arrostire
100gr di mollica di pane casereccio
80gr di mandorle sminuzzate
50gr di aceto bianco
10 gr di zucchero
Olio extra vergine di oliva qb
Sale qb

Preparazione:
In un bicchiere fare sciogliere lo zucchero nell’aceto mescolando con un cucchiaino.
Tagliare i peperoni a dadi piuttosto grandi e in una padella farli saltare a fuoco lento con abbondante olio. Giunti a cottura, mettere da parte i peperoni e nel loro olio bollente soffriggere la mollica di pane fino a quando non risulterà dorata e i pezzettini più grandi avranno acquistato croccantezza. Rimettere i peperoni nella padella e saltarli assieme alla mollica di pane aggiungendo le mandorle sminuzzate. A questo punto salate.
Aggiungere il composto di aceto e zucchero e continuare la cottura fino a quando questo non sarà sfumato del tutto e non si sarà creata una cremina.

Ovviamente vi starete chiedendo il perchè di questa associazione... è difficile spiegarlo ma ci proverò, forse solo chi mi conosce bene potrà capire.
L'idea è venuta in una notte di insonni pensieri, in cui ho terminato di leggere per la terza volta un libro splendido che parla delle cose più belle della vita. Pensieri tristi sensazioni di disarmante inadeguatezza e impotenza a volte accompagnati da un sorriso amaro altre volte da un dolce ricordo.
La ricetta di oggi è uno dei miei contorni preferiti per vari motivi: primo fra tutti mangiavo questo piatto da piccolo quando lo preparava la mia nonna, in secondo luogo credo che unitamente alla leggenda e alla meravigliosa opera d'arte del Caravaggio rappresenti appieno quel mix di sensazioni che mi accompagnano in questi giorni.
La voglia di vivere, di essere il cazzone allegro e spensierato, di realizzare i propri desideri, di stare vicini alle persone che si tengono nel cuore, di spaccare il mondo, contrapposte alle amare, a volte quasi cattive, improvvise situazioni che la vita ci offre...
Come Icaro quando cerchiamo di raggiungere il massimo che ci è possibile spingendoci anche oltre, ci scontriamo con l'amarezza del fatto che c'è sempre qualcosa che sfugge al nostro controllo a tarparci, o sarebbe meglio in questo caso, a scioglierci le ali.
Come nella ricetta quando assapori il dolce delle mandorle e dei peperoni e all'improvviso come una frustata ti colpisce l'agro dell'aceto.
Come la canestra di frutta bella rigogliosa piena di colore e varietà ma con quei buchi quelle imperfezioni che sono li a ricordare che non sempre è tutto come vorremmo.
Così è la vita, un periodo ti senti la persona più forte e motivata del mondo, il giorno dopo ti arrivano 1-2-3 mazzate tra capo e collo che ti stendono senza fiato e forze sul pavimento, sta alla tua forza, quella vera che c'è dentro di te permetterti ogni volta che capita di rialzarti e ricercare ancora quella sensazione di soddisfazione che ti manca come e più dell'aria... Ma a volte capita che da soli non ce la si fa e allora tutto si fa più difficile e diventa un'impresa ardua venire fuori da quelle inesorabili lente sabbie mobili delle mente.
Uno spunto per dire che nonostante tutto io ci provo e vorrei che tutti amici lettori ci provaste almeno un po' prima di abbandonarvi alle durezze che la vita ci mette di fronte ogni giorno. Almeno non avrete rimpianti ma solo la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per realizzare quei sogni e legittimi desideri che ogniuno di noi porta con se...
Alla prossima

03/04/10

La polinesia, il pollo al Curry e Gauguin??? rieccolooooooo



GLI ALBERI NELL'ANTICHISSIMA CULTURA POLINESIANA:
Quando Ta'aroa (il creatore) creò dalle sue piume la vegetazione non nacquero anche gli alberi, questi infatti furono generati dai corpi sepolti dei primi uomini. Ogni albero deriva da una parte del corpo: il Taro (una specie di patata) deriva dai piedi, il Ti (una palma) dalle tibie, l'Albero del Pane (uru) dall'addome, la Palma da cocco (haari) dalla testa, l'Ape dalle cosce e le foglie dall'intestino, l'Ibisco (aute) dai volti dei grassottelli, il Nono (albero dai frutti traslucidi miracolosi usati come rimedio medicinale universale) dal cerume delle orecchie, l'Hotu dal cuore, il Banano (meia) dalla trachea, il Castagno Tahitiano (mape) dai reni, le Felci arboree (nahe) dai reni...e così via...
Ogni albero ha la sua leggenda, per citarne due:
- La leggenda dell'Albero del Pane
In un tempo lontano sull'isola di Raiatea (l'isola sacra per eccellenza) viveva una famiglia. Durante una prolungata siccità non aveva nulla da mangiare, tutto esaurito a causa della carestia. Allora Ruata 'ata (Uomo buca) per non far morire di fame i suoi figli e la moglie Rumau 'arii (Verità senza inganni) si sacrificò e si trasformò nell'albero del pane che sfamò la famiglia e in seguito (espandendosi il prezioso albero nelle altre isole) anche il resto degli uomini.
- La leggenda dell'Albero del Cocco
Fra le storie a lieto fine è nota la leggenda della principessa Hina e del suo sposo Anguilla: si narra che Hina fu promessa in sposa al re del lago Vaihiria. Purtroppo, il giorno delle nozze la povera principessa scoprì che il suo promesso era una mostruosa anguilla che viveva nelle profondità del lago. Spaventata, Hina chiamò in soccorso il dio Maui, che uccise l’anguilla e le donò la sua testa, dicendole di piantarla nel suo giardino dopo aver fatto ritorno a casa sua. La ragazza seguì le istruzioni del dio e con suo enorme stupore, dopo aver piantato la testa d’anguilla assistette alla sua trasformazione in pianta. Nasceva così la palma da cocco: a ben vedere, se si osserva una noce di cocco, si notano tre macchie scure che tutt’oggi gli abitanti della Polinesia identificano con gli occhi e la bocca dello sposo di Hina.

POLLO AL CURRY
Ingredienti per 4 persone CICCIUTTELLE:
1 petto di pollo intero
4 patate belle grosse
3 peperoni medi (1 giallo, 1 rosso, 1 verde)
1 cipolla rossa
2 spicchi di aglio
1 pezzo di zenzero
1 cucchiaio di curry in polvere
mezzo cucchiaio di pasta di curry rossa (se lo gradite meno piccante usate quella verde)
1 barattolo di latte di cocco 250 gr circa
una manciata di prezzemolo
sale e pepe q.b.

Procedimento
Pelare le patate, tagliarle a cubettoni, sciacquarle e metterle a bollire.
Quando saranno quasi cotte scolarle e metterle da parte.
Lavare e tagliare a cubettoni i peperoni privandoli della parte bianca.
Tritare finemente cipolla e aglio, e metterli a rosolare in padella con un filo d'olio, quando saranno dorati aggiungere i peperoni e insaporire con sale e pepe, e portare a metà cottura e togliere il tutto dalla padella.
Tagliare a cubetti il pollo, infarinarlo e rosolarlo da tutti i lati sempre nella stessa padella dei peperoni, aggiungere peperoni e patate, regolare di sale e pepe e aggiungere lo zenzero grattuggiato.
Una volta che gli ingredienti sono caldi aggiungere il latte di cocco e i due curry, sciogliete e amalgamate il tutto e fate ridurre la salsa fino a quando non sarà cremosa.
Decorare con abbondante prezzemolo tritato.

PAUL GAUGUIN "No te aha oe riri?"(Perché sei arrabbiata?)
Al di là del titolo, qui vi è la rappresentazione del lento ritmo della vita quotidiana delle indigene, e soprattutto l'espressione dei valori pittorici raggiunti da Gauguin. La donna in piedi ha la forma del suo colore, ampia e sintetica, bene piantata, è una cosa della natura. La direzione trasversa del primo piano incide con quella parallela al piano di fondo della capanna, cioè la visione è in superficie, con suggerimento di spazio in profondità. Il rosso-viola della terra e del tetto e l'arancio-oliva delle carni si accordano con il verde azzurro dell'ombra e con il giallo luminoso della capanna. Padrone del suo modo di comporre e dei suoi accordi cromatici Gauguin produce con naturalezza una diapositiva nitida della vita tahitiana.

Un mix di colori, sapori e antichissime tradizioni leggendarie, culinarie e artistiche. I tre argomenti sono un tutt'uno con la tradizione isolana del pacifico, quei colori che hanno conquistato Gauguin, quegli odori, quei sapori freschi pungenti e leggeri ma sempre succulenti e soddisfacenti per il palato, quelle leggende che se raccontate ti trasportano in una rarefatta atmosfera di rilassatezza mentale. Il cocco un sapore unico come la sua leggenda e le sue rappresentazioni.
Era da un pò che volevo creare un parallelo tra arte cucina e leggenda riguardo questo argomento e devo ringraziare qualcuno che ha il neurone meglio funzionante del mio...
Il perchè di questa ricetta lo avrete capito dalla leggenda, ma forse vi sembrerà sterile la citazione di Gauguin.
Proverò a spiegarvi perchè proprio lui: un discorso di sensazioni visive e quasi tattili direi. La rilassatezza delle immagini poco nitide e definite mi portano proprio su quelle meravigliose isole con quella luce forte e quasi fastidiosa che rende tutto quasi magico.
Le pennellate morbide e piene di Gauguin mi portano alla consistenza voluttuosa della ricetta a pensieri piacevoli che riportano alla mente meravigliosi momenti...
Questa è la sega mentale del giorno commentate gente commentate!!!!