

DEDALO E ICARO
Icaro, era figlio di Dedalo e Naucrate, una delle schiave di Minosse. Il padre Dedalo era un ottimo fabbro, infatti Atena stessa l'aveva iniziato a quell'arte. Uno dei suoi apprendisti, era suo nipote Talo, figlio di Policasta, sorella di Dedalo. Già a sedici anni Talo aveva superato suo zio in abilità, difatti aveva inventato diversi attrezzi tra cui la sega. Essendo geloso perchè tutta la fama andava a Talo, decise di ucciderlo spingendolo dal tetto del tempio di Atena. Oltre ad essere invidioso Dedalo, sospettava che suo nipote avesse avuto dei rapporti incestuosi con Policasta. Dopo averlo spinto, Dedalo scese dal tempio e chiuse il corpo di Talo in una sacca, per seppellirlo in un luogo deserto. Interrogato dai passanti rispondeva che nel sacco c'era un serpente, ma camminando apparvero delle macchie di sangue sulla sacca e il delitto fu scoperto. L'anima di Talo volò sotto forma di pernice, mentre il suo corpo fu sepoltp là dove era caduto. Policasta, quando seppe la notizia si impiccò e gli Ateniesi eressero un santuario in suo onore presso l'Acropoli. L'Areopago condannò Dedalo all'esilio per omicidio; secondo altri, invece, egli fuggì prima di essere condannato da un processo. Dedalo si rifugiò in uno dei demi attici, i cui abitanti presero da lui il nome di Dedalidi; poi si fu accolto a Cnosso, in Creta, dal re Minosse che fu ben lieto di accogliere un artefice molto dotato. Egli visse per molto tempo a Cnosso, fino a quando re Minosse seppe che egli aveva aiutato Pasifae ad accoppiarsi con il toro bianco di Posidone, così rinchiuse Dedalo ed Icaro, avuto da Naucrate, nel Labirinto. Ma Pasifae li liberò entrambi. Fuggire da Creta non fu un'impresa molto facile, poichè Minosse faceva sorvegliare tutte le navi e offrì inoltre una ricca ricompensa a chi avesse catturato Dedalo. Con l'astuzia, Dedalo, costruì un paio di ali per se stesso ed un altro per Icaro. Dopo aver saldato le ali alle spalle di Icaro, con della cera, con le lacrime agli occhi, Dedalo gli raccomandò di stare attento e di non volare troppo in alto perchè il sole avrebbe potuto sciogliere la cera ne troppo in basso perchè le ali si sarebbero inumidite con i vapori del mare. Dopo questo, Dedalo si innalzò in volo seguito da Icaro. Mentre si allontanavano dall'isola, battendo ritmicamente le ali, i contadini, i pescatori e i pastori che alzarono lo sguardo verso di loro li scambiarono per dei. Quando si furono lasciate Masso, Delo e Paro alla sinistra e Lebinto e Calimne alla destra, Icaro disobbedì agli ordini del padre e cominciò a volare verso il sole, inebriato dalla velocità che le grandi ali imprimevano al suo corpo. Ad un tratto Dedalo, guardandosi alle spalle, non vide più suo figlio, ma soltanto delle piume sparse che galleggiavano sulle onde sotto di lui. Infatti il calore del sole aveva sciolto la cera e Icaro era precipitato in mare, annegandovi. Dedalo volò a lungo in quel luogo, finchè il cadavere di Icaro riemerse. Lo portò allora in un'isola vicina, chiamata ora Icaria, dove lo seppellì. Una pernice appollaiata su una quercia lo osservò scavare la fossa squittendo di gioia: era l'anima di Talo, finalmente vendicata.
PEPERONI IN AGRODOLCE CON MOLLICA E MANDORLE
Come per ogni ricetta di famiglia insegnataci da nonne, zie o mamme non ci sono dosaggi predefiniti o precisi, ma comunque un idea sulle quantità riesco a darvela... Tengo molto a questa ricetta e la pubblico quasi a mo di esorcismo...Buon appetito
Ingredienti:
2 peperoni grandi per arrostire
100gr di mollica di pane casereccio
80gr di mandorle sminuzzate
50gr di aceto bianco
10 gr di zucchero
Olio extra vergine di oliva qb
Sale qb
Preparazione:
In un bicchiere fare sciogliere lo zucchero nell’aceto mescolando con un cucchiaino.
Tagliare i peperoni a dadi piuttosto grandi e in una padella farli saltare a fuoco lento con abbondante olio. Giunti a cottura, mettere da parte i peperoni e nel loro olio bollente soffriggere la mollica di pane fino a quando non risulterà dorata e i pezzettini più grandi avranno acquistato croccantezza. Rimettere i peperoni nella padella e saltarli assieme alla mollica di pane aggiungendo le mandorle sminuzzate. A questo punto salate.
Aggiungere il composto di aceto e zucchero e continuare la cottura fino a quando questo non sarà sfumato del tutto e non si sarà creata una cremina.
Ovviamente vi starete chiedendo il perchè di questa associazione... è difficile spiegarlo ma ci proverò, forse solo chi mi conosce bene potrà capire.
L'idea è venuta in una notte di insonni pensieri, in cui ho terminato di leggere per la terza volta un libro splendido che parla delle cose più belle della vita. Pensieri tristi sensazioni di disarmante inadeguatezza e impotenza a volte accompagnati da un sorriso amaro altre volte da un dolce ricordo.
La ricetta di oggi è uno dei miei contorni preferiti per vari motivi: primo fra tutti mangiavo questo piatto da piccolo quando lo preparava la mia nonna, in secondo luogo credo che unitamente alla leggenda e alla meravigliosa opera d'arte del Caravaggio rappresenti appieno quel mix di sensazioni che mi accompagnano in questi giorni.
La voglia di vivere, di essere il cazzone allegro e spensierato, di realizzare i propri desideri, di stare vicini alle persone che si tengono nel cuore, di spaccare il mondo, contrapposte alle amare, a volte quasi cattive, improvvise situazioni che la vita ci offre...
Come Icaro quando cerchiamo di raggiungere il massimo che ci è possibile spingendoci anche oltre, ci scontriamo con l'amarezza del fatto che c'è sempre qualcosa che sfugge al nostro controllo a tarparci, o sarebbe meglio in questo caso, a scioglierci le ali.
Come nella ricetta quando assapori il dolce delle mandorle e dei peperoni e all'improvviso come una frustata ti colpisce l'agro dell'aceto.
Come la canestra di frutta bella rigogliosa piena di colore e varietà ma con quei buchi quelle imperfezioni che sono li a ricordare che non sempre è tutto come vorremmo.
Così è la vita, un periodo ti senti la persona più forte e motivata del mondo, il giorno dopo ti arrivano 1-2-3 mazzate tra capo e collo che ti stendono senza fiato e forze sul pavimento, sta alla tua forza, quella vera che c'è dentro di te permetterti ogni volta che capita di rialzarti e ricercare ancora quella sensazione di soddisfazione che ti manca come e più dell'aria... Ma a volte capita che da soli non ce la si fa e allora tutto si fa più difficile e diventa un'impresa ardua venire fuori da quelle inesorabili lente sabbie mobili delle mente.
Uno spunto per dire che nonostante tutto io ci provo e vorrei che tutti amici lettori ci provaste almeno un po' prima di abbandonarvi alle durezze che la vita ci mette di fronte ogni giorno. Almeno non avrete rimpianti ma solo la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per realizzare quei sogni e legittimi desideri che ogniuno di noi porta con se...
Alla prossima
Un abbinamento non è semplice come in tutti i casi in cui ci confrontiamo con le pietanze agrodolci, ma andrò sui ricordi sul mio personale palato... Per me l'ideale è il vino della nonna quello bianco secco che va giù una meraviglia e che ti ripulisce la bocca a ogni sorsata, se dovessi paragonarlo a un vino d'etichetta facendo il serio gourmet direi che ci starebbe benissimo un bel Fiano di Avellino con quel profumo intenso e quel sapore secco che tanto di distanziano dalle rarefazioni delle preparazioni industriali...
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