Una sera a cena in una taverna con Sarah Giulio e Armando e ti trovi ad assaporare cose davvero buone quasi come quelle della nonna, e una mattina dopo ti trovi a rischiare di aprire in due la testa di un imbecille che non accetta ai suoi tavoli un terrone con una gatta al seguito...
Sono basito schifato ma anche affascinato e attratto da un luogo pieno di contraddizioni perché qui come altrove gli imbecilli abbondano. La loro imbecillità sta nel non rendersi conto di quale fortuna sfacciata abbiano a vivere in luogo tanto splendido e infinitamente sorprendente. Contraddizioni visibili e "commestibili" nei loro piatti tipico come ad esempio il Baccalà mantecato, nel quale senti quell'inconfondibile sapore fortissimo del sale in contrasto alla dolcezza dell'olio e dei grassi del pesce...
Un'esperienza strana agrodolce o mari e monti potrei definirla...
17/07/10
Ricette e ricordi...




LA LEGGENDA DEL BANANO (antica leggenda creola Venezuelana)
Nei primi giorni della creazione del mondo la leggenda vuole che spiriti e fantasmi (buoni e cattivi) si dispersero ovunque. Vivevano in caverne oscure, si nascondevano nei tronchi di albero e negli angoli delle case. Nel buio, le loro piccole voci si potevano fiocamente sentire e la loro presenza in qualche modo si percepiva nell’aria. Ma solo pochi eletti avevano la fortuna di vederli.
Era proprio in quest’epoca così misteriosa che visse una bellissima ragazza, il suo nome era Raya, una ragazza sveglia e coraggiosa, lei non aveva paura degli spiriti, camminava nelle foreste ombrose con la sola luce fioca della candela. Era talmente incuriosita da queste misteriose presenze che s’incamminava in punta di piedi nelle caverne buie e in tutti quegli angoli in cui avrebbe potuto incontrarli. Con il passare del tempo Raya cominciò a sentire in particolar modo la presenza di uno spirito gentile che aveva cominciato ad accompagnarla ogni qualvolta s’inoltrava nella foresta.
Un giorno lei udì qualcuno chiamare il suo nome, e guardando vide un bellissimo uomo, a quel punto gli chiese chi fosse e lui rispose che il suo nome era Sag e le rivelò essere lo spirito che l’aveva accompagnata e protetta per tutti quei giorni. Le confessò il suo amore per lei e in onore di questo forte e sincero sentimento gli era stato concesso per un breve periodo di potersi trasformare in essere mortale. S’innamorarono e successivamente ebbero un bambino. Vissero felicemente, ma
Sag sapeva che il suo tempo sulla terra stava per terminare e che sarebbe dovuto tornare presto
nel mondo degli spiriti. Quando seppe che il suo tempo era giunto, chiamò Raya e le spiegò
perché doveva andare via. Mentre la sua immagine lentamente svaniva le disse che le avrebbe
lasciato una parte di lui. Raya guardò in giù e vide un cuore insanguinato sulla terra. Lei prese il
cuore e lo sotterrò sorvegliandolo notte e giorno. Lentamente una pianta con foglie verdi e lunghe
germogliò. L’albero una volta cresciuto produsse un frutto a forma di cuore (il casco di banane). Lei toccò la frutta, la accarezzò e decise di assaporarne il gusto, il sapore dolce e avvolgente le ricordò l’amore di Sag e comprese che quella frutta proveniva dal cuore del suo amato. In quel momento sentì la voce di Sag: "Sì, Raya, non temere è il mio cuore. E’ un segno che ho voluto dimostrarti per farti capire che non ti abbandonerò mai. Sii premurosa verso questa pianta e prenditi cura di lei finché un giorno io tornerò. Il tronco e le foglie ti proteggeranno vestendoti e il frutto sarà il tuo cibo, sarà come avermi sempre con te. E quando tu di notte dormirai, io starò in piedi e veglierò su di te. Io starò al tuo fianco per sempre…"
PABELLON CREOLO
Questa è una ricetta che mi lega profondamente a una parte della mia famiglia che, ahimè, è lontana migliaia di km, un sapore unico che mi ricorda profumi e gusti di una terra che adoro.
Ingredienti per le solite 6 persone:
800 gr di carne di manzo (taglio muscolo o falda)
500 gr di riso giallo
350 gr di fagioli neri
2 cipolle bianche
2 spicchi d’aglio
2 carote
2 gambi di sedano
1 peperone rosso medio
2 peperoncini jalapeños freschi (normali vanno benissimo)
3 platani (banane grandi con la buccia verde)
½ kg di farina di mais (Harina Pan)
sale e olio
Preparazione
- Cuocere separatamente riso e fagioli neri.
- Cuocere in abbondante acqua salata il pezzo o i pezzi di carne con i classici odori da brodo una carota, una cipolla e un gambo di sedano. Quando la carne è arrivata a cottura lasciarla raffreddare e sfilacciarla seguendo le fibre del pezzo. Tritare i peperoncini, il peperone, la cipolla, la carota e il sedano restanti e metterli a soffriggere, aggiungere la carne e lasciare insaporire regolando di sale.
- Sbucciare e tagliare a rondelle ovali i platani, friggete le rondelle in un dito di olio di palma o di semi qualunque fino a doratura.
- Impastate la farina di mais con acqua, 1 cucchiaio di olio e 2 cucchiaini di sale fino ad ottenere un impasto solido ma facilmente plasmabile. Realizzate delle frittellone tonde e schiacciate delle dimensioni di un fondo di bicchiere da acqua e friggetele in abbondante olio di palma.
- Impiattate come da foto o a seconda del vostro personale gusto estetico.
HALLACA (O HAYACA)
E’ il piatto tradizionale del periodo Natalizio.
Ingredienti per 6:
1 kg di farina di mais (Harina Pan)
500 gr di pollo
100 gr di mandorle tostate
100 gr di olive nere
50 gr di capperi
5 pomodori belli maturi
Foglie di platano
Spago
Sale, pepe e olio
Preparazione
Preparate una pasta con la farina di mais, stendetela in piccole proporzioni e riempite con il ripieno composto dagli ingredienti elencati su saltati in padella tutti assieme. Chiudete il tutto con foglie di platano, legate e cuocete in acqua bollente.
Ogni famiglia ovviamente segue una propria ricetta, naturalmente la migliore hallaca e quella che prepara mia zia Silvia. È tradizione che nei primi giorni di dicembre si riunisca tutta la famiglia per preparare la Hallaca, ascoltando musica gaita. Le hallacas si conservano nel congelatore e si consumano durante le feste. La halllaca varia a seconda delle zone del Venezuela: nella parte andina si aggiungono i ceci, nella zona di pianura si mescolano tre tipi di carne, al centro si aggiungono pomodoro ed uva passa rendendo il sapore leggermente dolce.
FROZEN BANANA DAIQUIRI
Il banana daiquiri ha origini sudamericane ( un po come tutti i daiquiri). Frozen cocktail molto fresco semplice da preparare basta solo un filino di attenzione che bisogna prestare nel quantitativo di ingredienti da mettere nel blender (frullatore).
Ingredienti:
1 parte di Rum bianco
½ parte di Creme de Banane
½ parte Sweet & Sour
½ Banana
½ parte di Sciroppo di Banana
1 cucchiaino di zucchero di canna
2 gocce di Angostura
1 paletta di ghiaccio
Preparazione
Versate nella campana del blender tutti gli ingredienti necessari. Azionate il frullatore a bassa velocità per poi aumentare gradualmente fino ad avere un composto omogeneo. Se il composto è troppo liquido aggiungere del ghiaccio, se invece è troppo compatto aggiungere i prodotti liquidi. Versare in fine il tutto nel bicchiere fantasy.
Una leggenda dedicata a una persona lontana e a tutti quei pareti che non ho vicino perchè la vita funziona così. Ricette che mi legano a una terra della quale conosco molto poco e che un giorno mi piacerebbe vivere...
05/07/10
Uno chef al mercato come un lupo in caccia? bah...

Il lupo stava sull'altura e fissava per nulla intimorito l'imponente cerchia muraria illuminata d'oro.
Il suo respiro era regolare, calmo e costante, tuttavia i suoi possenti fianchi tremavano leggermente. Aveva corso per tutto il giorno attraverso le colline della regione, dai meandri della grande foresta fin lì, dove la boscaglia terminava e lo sguardo poteva spaziare sulla città lontana, ma non era esausto nè tantomeno stanco. Mentre la palla infuocata del sole lambiva l'orizzonte alle sue spalle, rovesciò la testa e si mise a fiutare l'aria alla analitica scoperta dell'ambiente circostante.
Fu travolto da una marea di sensazioni. Percepì l'odore dell'acqua di mare, delle alghe sulla riva, del legno marcio del relitto. Inspirò profondamente e lentamente i vari effluvi, un misto di animale, umano e artificiale: vini profumati, incenso, torba e carne, corpi sudati in costose pellicce, sangue, miele, erba, frutta matura, frutta marcia, muffa e thè. Fiutò amore, paura, debolezza, ansia, odio e potere. Ogni cosa attorno a lui parlava di sè attraverso gli odori, gli raccontava della vita e della morte dietro la cortina di pietra delle mura.
Voltò la testa.
Silenzio. Tutt'attorno solo il chiassoso mormorio dei boschi.
Attese immobile finchè la luce dorata, abbandonate le mura, non contiuò ad illuminare soltanto i merli delle torri. Un attimo ancora e si sarebbe spenta del tutto, consegnando il giorno all'oblio notturno.
Al calare della notte, la valle si sarebbe tinta di nuovi colori cupi, che alla fine avrebbero lasciato il posto alle ombre. Allora i suoi occhi ardenti sarebbero state le uniche luci.
Era vicino il tempo in cui i lupi sarebbero entrati nei sogni degli uomini. Il tempo del cambiamento e della caccia.
Con movimenti agili e silenziosi, il lupo scese rapidamente l'altura e si tuffò nell'erba alta e secca. Pochi istanti dopo era già scomparso.
Silenzio.
Sembrerà pazzesco ma per me ci sono tante analogie sarà che ho disegnato un lupo sarà che il mio cane Bruce somiglia a un lupacchiotto sarà che ho un olfatto particolarmente sensibile e quando mi trovo in un mercato ho un attimo di piacevole follia... sarà...
26/05/10
Dopo un po' rieccolo, con un "mito" sui generis. L'origine della parola "Barbecue" associata alle ricette arrosto che più amo...

BARBECUE CHE VUOL DIRE? QUALCUNO L'HA INVENTATO?
Ovviamente non esiste un'origine certa del termine o un'interpretazione univoca ma solo molte ipotesi tutte verosimili ma alcune più simpatiche di altre.
Secondo gli inglesi, la parola barbecue deriva dal termine spagnolo "barbacoa" che è a sua volta una variazione del termine "babracot" del dialetto caraibico della popolazione indigena "Taino" di Haiti.
Secondo questa ipotesi l'attuale termine brabacot indica la struttura di canne o rami verdi che formano una griglia sotto la quale viene posto il fuoco e in cui vengono cotti o affumicati i cibi. E' chiaro che quando i primi esploratori spagnoli arrivarono nel nuovo mondo, trovarono una popolazione indigena che era solita seccare le carni al sole, il problema sostanziale era dovuto al fatto che la carne al sole, era terreno fertile per batteri ed insetti e i nativi quindi tentavano di evitare l'imputridimento della carne usando tali strutture di legno in combinazione a un tiepido fuoco in cui venivano bruciate foglie e rami verdi i quali, producendo molto fumo, tenevano alla larga gli insetti. Come conseguenza la carne assorbiva il fumo ed aveva questo "effetto collaterale" dell'aroma affumicato il quale, poi si scoprì, era anche un ottimo conservante.
Barbacoa fu quindi la naturale derivazione del termine brabacot e pare quindi che barbecue, fu a sua volta un'ulteriore varianza di barbacoa, coniata dagli inglesi arrivati nel nuovo mondo.
Altra ipotesi che si rifà sempre ai Taino è la derivazione dal termine "Barabicu" usata per indicare la buca del fuoco sacro che affumicava le carni, sacro proprio per il suo potere conservativo.
Un altra ipotesi (in realtà sono due che si rifanno alla stessa "leggenda")attendibile deriva dal termine francese "barbe a queue" che significa letteralmente dalla barba alla coda e si riferisce probabilmente al fatto che l'animale, solitamente, veniva arrosito intero. Altra idea è l'utilizzo della frase "de la barbe au cul", traduzione oltremodo semplice, frase utilizzata sempre per indicare che l'animale veniva cotto intero.
L' Oxford English Dictionary chiama questa particolare etimologia di origine francese "assurda congettura".
Una simpatica ipotesi di origine deriva da alcuni libri storici americani che narra di 2 Rancher del Texas che servivano pecore, maiali e vitelli interi arrostiti sul fuoco. In un libro, il suo nome è Bernard Quayle mentre in un altro è Barnaby Quinn ma in entrambi le versioni, il marchio di ferro posto sopra all'arco di ingresso del ranch riportava le iniziali B.Q saldate ad una barra sottostante. In ogni ranch è classico porre le iniziali del proprietario sopra l'ingresso e la barra in cui vengono assicurate viene indicata appunto con il nome bar.
Da qui, il "bar B.Q." divenne sinonimo di buon cibo cotto al fuoco.
Probabilmente, anche in questo caso, gli aneddoti hanno piu un valore simbolico che storico. Attualmente, negli Stati Uniti, dove il barbecue è una veria e propria istituzione, il termine Barbecue indica univocamente un metodo di cottura a bassa temperatura, per tempi lunghissimi e in presenza di fumo di legna e in cui, quasi sempre, si cuociono grandi pezzi di carne o animali interi. Il fumo è una condizione imprescindibile nel barbecue tant'è vero che, negli states, la bistecca o le salsicce o gli hamburger cotti sul grill o in piastre di ghisa scaldate a gas non rientrano nella maniera più assoluta nel metodo di cottura chiamato "Barbecue".
In italia invece, solitamente si riferisce al barbecue come mezzo o strumento di cottura dei cibi ma ci si può riferire anche all'evento conviviale.
CIPOLLA SAPORITA AL CARTOCCIO
Ingredienti:
8 cipolle rosse medie
Una manciata di aghi di rosmarino
Burro q.b.
sale e pepe
e Carta di Alluminio per il cartoccio
Preparazione
Togliete la buccia secca alle cipolle e praticate in ognuna un'incisione a x profonda senza però tagliarla del tutto.
Inserite ora qualche ago di rosmarino un fiocchetto di burro e poco sale e pepe, richiudete il tutto con la carta stagnola e poggiate il cartoccio direttamente sulle braci quando queste si iniziano a raffreddare.
Lasciate cuocere per 15 minuti e gustatevele sono una meraviglia.
BARBECUE SAUCE (scusate ma la mia ricetta è un segreto questa però è un'ottima alternativa)
Ingredienti:
250 G Salsa Di Pomodoro
1 Cucchiaio Concentrato Di Pomodoro
100 G di Cipolla Tritata
1 Spicchio Aglio
6 Cl Aceto Di Vino Bianco
60 G Zucchero Scuro
1 Cucchiaio Salsa Worcester
5 Gocce Tabasco
1/2 Cucchiaino Senape In Polvere
1/2 Cucchiaino di polvere di peperoncino
1 Cucchiaino Sale
Preparazione
Mettete uno dopo l'altro a distanza di un minutino tutti gli ingredienti così come sono elencati in una padella, mescolate bene e portate a cottura il tutto. Unica accortezza controllate bene che si sia sciolto lo zucchero scuro. Abbassate il fuoco e fate sobbollire per circa 20 minuti. Passate dopo la cottura tutto al minipimer e ricordate che se non la consumate subito questa salsa va mantenuta ben coperta nel frigorifero. (se volete la mia chiedetemela via mail e se ve la meriterete la avrete hahhaha).
TONNO GRIGLIATO CON SALSA DI POMODORO AL CORIANDOLO (thanks Jamie)
Ingredienti per 6:
6 cipolle rosse mondate e tritate finissimamente
2 peperoncini rossi freschi privati dei semi e tritati finemente
1 mazzetto di coriandolo fresco solo le foglie
1 mazzetto di menta fresca solo le foglie
1 kg di pomodori maturi ma ben sodi
sale e pepe
succo di mezzo limone
succo di un lime
6 filetti di tonno 200 gr cadauno
olio d'oliva
Preparazione
Procuratevi un tagliere grande e tritateci su tutti gli ingredienti sopra elencati fino a raggiungere il grado di finezza che più vi piace, personalmente preferisco una salsa fine ma non troppo cioè con pezzi di pomodoro e cipolla che si possano sentire tra i denti. Usando lo stesso tagliere i sapori si mischieranno meglio.
Trasferite il tutto in una capiente ciotolae condite con i succhi di limone e lime regolando di sale e pepe a vostro gradimento. Vi consiglio di assaggiare frequentemente fino ad ottenere il sapore che desiderate. Ovviamente aumentate la dose di peperoncino a piacimento. Ora lasciate riposare la salsa e cuocete il pesce.
Spennellate i filetti su entrambi i lati con olio d'oliva salateli e pepateli.
Vi consiglio una cottura rapida sopratutto se userete il tonno.
Ora servite i filetti affettati a mo di tagliata e irrorateli con la salsa.
A me fa impazzire...
Era da un po' che cercavo l'ispirazione per tornare a scrivere sul blog, ed è giunta inaspettata e piacevole grazie a una persona speciale, a un profumo, all'arrivo dell'estate e al ritorno della passione per la cucina, sopita per qualche tempo a causa di qualche problemino.
L'argomento come avrete capito dal titolo è una mia passione, forse il metodo di cottura che preferisco e meriterebbe una trattazione molto più approfondita e minuziosa, ma questo è solo un blog il resto lo lasciamo ai professionisti...
Ah si la sega mentale eccomi: il barbecue antico quasi quanto la scoperta del fuoco, affare privato di ogni uomo che torna al primitivo (immaginate la scena attorno al barbecue: c'è l'uomo con la spatola e il grembiule, attorniato da esseri di esclusivo sesso maschile armati di birra e consigli personali sui tempi e modi di cottura; non vi ricorda un gruppo tribale che parla di strategie di caccia? a me si e mi fa anche un po' ridere), ovviamente le donne si tengono alla larga guardando fintamente compiaciute la baldanzosità testosteronica dei loro uomini o dei loro amici.
Bene oltre a queste simpatiche inutilità di stampo etnoantropologico e anche psicologico, amo il barbecue perchè è un momento di aggregazione di condivisione di gusti, risate e chiacchiere tra amici, con questo post voglio anche simulare un barbecue attorno al quale riunire quelle persone fisicamente lontane ma che porto nel cuore... Adorerei cucinare per loro e prendermi un abbraccio da dietro mentre concentrato giro una braciola di maiale o una costina di agnello, ricevere dalla mano di un amico capellone una birra ghiacciata, un bacio di sfuggita dalla mia donna che fugge per evitare il fumo negli occhi, un gavettone da un'amica stronza che non aspetta altro...
Barbecue è estate, unione, allegria, risate e amici quelli veri per i quali faresti scelte folli se non ti venissero impedite da preoccupazioni quasi sempre inutili e stupide... un vecchio retaggio ancestrale, oggi diventato un occasione per fare festa, per ritrovarsi e gustare carne, verdure e formaggi, senza pentole e stoviglie da lavare.
Come sempre non abbiate remore a commentare e buon appetito...
Ah un grazie all'ispiratore Jamie Oliver, semplicemente un grande.
30/04/10
La leggenda dell'usignolo, il maki sushi e un artista contemporaneo con la libertà e spontaneità?.... vediamo cosa viene fuori


LA LEGGENDA DELL'USIGNOLO (antichissima leggenda giapponese)
In un'isola lontana di un paese del Sol Levante regnava un superbo imperatore. Era un sovrano molto vanitoso, che amava circondarsi di cose stupende e perciò tutto nel suo regno era incantevole. Anche sua figlia era bellissima ed egli l'aveva chiamata Splendore del Giorno. L'imperatore sceglieva per lei i vestiti più sontuosi, pretendeva che si ornasse con gemme e diademi preziosi e che il suo trucco fosse perfetto. Non l'abbracciava mai; la guardava solo per assicurarsi che la sua bellezza e il suo abbigliamento fossero sempre degni di una regina.
Ma Splendore del Giorno si sentiva oppressa da tutte queste ricchezze, priva di affetto e schiava della vanità del padre. Trascorreva il suo tempo passeggiando lungo i viali più reconditi dell'immenso giardino per nascondere agli altri le sue lacrime. Ella sognava d'essere povera, ma libera e amata.
Un mattino, in cui si sentiva più triste del solito, la principessa si rivolse al Buddha di giada del suo palazzo, con questa preghiera:
"O dio della saggezza, aiutami a fuggire da questa prigione. Dammi la possibilità di andar via col vento profumato sui prati fioriti e di volare con gli uccelli nel cielo turchino".
Buddha indossò allora una veste di luce e così rispose alla giovane:
"Ti offro cento lune per ubriacarti di libertà. Ogni sera, all'ultimo rintocco della mezzanotte, ti trasformerai in un uccello. Ma non appena il sole sorgerà, tu tornerai ad essere quella che sei, la principessa Splendore del Giorno.
Sappi però che l'incantesimo durerà fino al termine delle cento lune".
"Sono pronta ad assumermi tutti i rischi" affermò la giovane.
Buddha mantenne la sua promessa e quella stessa notte, al dodicesimo tocco della mezzanotte, Splendore del Giorno fu trasformata in un uccello. Finalmente poteva allontanarsi dalla sua prigione dorata!
Volò in alto, ancora più in alto finché la sua casa non divenne che un punto luminoso e lontano. Piena di felicità, Splendore del Giorno si mise a cantare e il suo canto melodioso si propagò per la campagna addormentata come un inno di gioia. All'alba l'incantesimo cessò e, riprese le sue sembianze, la principessa tornò al palazzo reale.
Ben presto però l'imperatore venne a sapere che, quando scendeva la notte e la luna brillava sul mare, un uccello cantava in modo così melodioso che certamente doveva trattarsi di un essere divino. Che tipo di uccello era quello che egli ancora non possedeva? Subito ordinò ai suoi soldati di catturarlo.
Passò un mese, ma i samurai non riuscirono a prendere lo straordinario esemplare. Infatti Splendore del Giorno riusciva abilmente a sfuggire a tutte le trappole che le venivano tese. Fu così che il superbo imperatore, beffato dall'uccello sconosciuto, si ammalò. Perse l'appetito e il sonno, deperì ogni giorno di più e alla fine dovette mettersi a letto.
Splendore del Giorno, preoccupata per la sorte del padre, pregò di nuovo Buddha:
"O dio della saggezza, sono pronta a sacrificare la mia libertà in cambio della vita di mio padre. Ti supplico, rompi l'incantesimo e guariscilo dal suo folle male".
"Non è in mio potere salvare tuo padre dalla sua stupida ambizione. Tuttavia accolgo la tua richiesta di rompere l'incantesimo, anche se le cento lune non sono ancora trascorse. Può darsi che in questo modo tuo padre ritrovi il piacere di vivere e che questa prova possa averlo reso più umile".
Da allora Splendore del Giorno circondò il padre di amore e di premure e, per aiutarlo a guarire, chiamò al suo capezzale i più famosi dottori che gli prodigarono cure d'ogni genere. Malgrado ciò il sovrano, sognando l'uccello divino, si consumò lentamente fino a morire.
Splendore del Giorno aprì ai sudditi più poveri del regno le porte del suo palazzo e mise a disposizione di tutti, contadini e pescatori, le immense ricchezze che suo padre, con orgoglio e vanità, aveva accumulato.
Adorata dalla sua gente, che la venerò come una dea, la principessa visse felice e finalmente libera.
Il dio Buddha, per ripagarla di tanta generosità, popolò la sua isola di uccelli divini, a cui Splendore del Giorno diede il nome di usignoli.
Da quel momento, e sono passati ormai tanti secoli, quando la luna emana i suoi ultimi chiarori e il sole comincia a tingere di rosa il cielo, l'usignolo canta: il suo canto melodioso è un inno alla libertà dell'uomo.
MAKI SUSHI
Ingredienti:
300g di riso tondo giapponese
370g di acqua
2 cucchiai di saké (facoltativo)
2 cucchiai di aceto di riso
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di zucchero
4 fogli di alga nori
1 avocado
1 limone
1 cetriolo
250g di tonno (filetto)
wasabi
salsa di soia
Preparazione
Lavate il riso, versarlo in una ciotola capiente, coprite con dell’acqua fredda, mescolate con le mani, svuotate l’acqua e ripetete due volte l’operazione. A termine versate il riso in uno scolapasta e lasciatelo sgocciolare per 15 minuti.
Nel frattempo preparate il ripieno dei maki: sbucciate l’avocado, tagliatelo a 4 spicchi poi a fette spesse mezzo centimetro, infine a bastoncini. Fate lo stesso con il cetriolo. Irrorate col succo del limone e mettete da parte. Togliete eventuale pelle al tonno e affettate anche il pesce a fettine di mezzo cm.
Cuocete il riso: versate il riso e l’acqua in una pentola, coprite e portate a ebollizione. Lasciar cuocere per 5 minuti, poi abbassate la fiamma e lasciar cuocere
per altri 5-10 minuti (non andrebbe mai scoperchiato il riso). A fine cottura togliete il coperchio e coprite la pentola con un canovaccio pulito, lasciate per 10-15 minuti. Nel frattempo mescolate l’aceto e il sale, fate scaldare a fuoco basso e aggiungete lo zucchero. Versate il riso caldo in un piatto capiente e versateci il miscuglio di aceto, mescolate bene con un cucchiaio di legno (nel frattempo bisognerebbe agitare un ventaglio per far scendere la temperatura del riso).
Assemblate i maki: disponete un foglio di nori sulla stoietta, copritelo con due-tre cucchiai di riso, lasciando libero il bordo superiore (3cm). A 3 cm del bordo inferiore spalmate una striciolina di wasabi su tutta la lunghezza, disponete poi delle fettine di tonno e di avocado odi cetriolo e, aiutandovi con la stuoietta, arrotolate il tutto, premendo bene. Chiudete bene il rotolo e infine tagliatelo a segmenti con un coltello affilato da immergere in acqua fredda prima di ogni taglio. Servire con della salsa di soia, crema di balsamico, wasabi e fettine zenzero sotto aceto.
Un inno alla semplicità alla genuinità di sapori profumi e colori, nella leggenda si parla di libertà per esprimere se stessi in qualcosa di semplice e soave come il volo e il canto di un uccello. La libertà, qualcosa che a volte si ottiene a costo di sacrifici e sofferenze evidentemente non solo personali, ma ne vale la pena? direi proprio di si. La genuinità dei rapporti la semplicità la sincerità sono tutte sfaccettature di quella libertà personale che ogniuno di noi ricerca nella vita e nelle relazioni che siano d'amore amicizia o semplice rispetto reciproco. Concludo dicendo che è facile pretendere queste cose dalle persone che ci circondano e alle quali teniamo ma è difficile a volte darle in cambio. Dovremmo tutti sforzarci un po' di più. Alla prossima...
23/04/10
Salvador Dalì Gli orologi molli: la persistenza della memoria, la leggenda del cioccolato e la succulenta ciambella cioccolato e pere... a ver...



L'ANTICA LEGGENDA DEL CACAO, IL MITO DEL DIO QUETZALCOATL.
I primi agricoltori di cacao furono i Maya, secondo una leggenda, per volontà del loro terzo re Hunahpu; per essi era talmente prezioso il cacao da essere utilizzato come moneta nel commercio con le altre tribù.
Dopo il X secolo, con la misteriosa distruzione della civiltà Maya, quegli stessi terreni furono coltivati dalla tribù dei Toltechi, proveniente dal nord, il cui re, Topiltzin Quetzalcoàtl (Serpente Piumato), fu divinizzato per la sua immensa bontà, entrando a far parte della mitologia azteca.
Secondo il mito, il Dio era possessore di un tesoro immenso fatto di “tutte le ricchezze del mondo, oro, argento, pietre verdi chiamate chalchiuitl ed altri oggetti preziosi, come una grande abbondanza di alberi di cacao dai diversi colori”.
Nell’epoca in cui Quetzalcoàtl era ancora un re, per porre fine ad una grave malattia che lo aveva colpito, venne spinto a bere una pozione, che lo portò però alla pazzia; il re allora fuggì verso il mare dove, con una zattera di serpenti intrecciati, si allontanò scomparendo nel mistero promettendo il suo ritorno nell’anno posto sotto il segno del “Ce-acatl”, al fine di riprendersi il suo regno.
Quando giunse quel tempo, nel 1519, una grande nave carica di uomini con armature scintillanti come scaglie di serpente ed elmetti piumati, fece la sua comparsa vicino alla costa orientale del regno azteco.
L’imperatore Montezuma credette subito alla profezia ed accolse pacificamente quella nave pronto a restituire il regno al Dio Quetzalcoàtl; dal battello però scese non il Dio azteco ma il conquistatore spagnolo Hernàn Cortès il quale offrì a quel popolo doni d’oro, argento e pietre preziose, oltre a cesti pieni di semi di cacao.
Da quel momento in poi il cacao e la cioccolata, la gustosa bevanda che da esso deriva, cominciarono a farsi conoscere al mondo.
CIAMBELLA CIOCCOLATO E PERE
La casa sa di buono, i nutrizionisti dicono che il cioccolato fondente fa bene alla salute e ancora di più all’umore. Quindi stamattina perchè non rispolverare un'altra ricetta della nonna? E allora via con le mani in pasta e con l'ingrediente segreto di questo periodo...
Ingredienti:
70 gr. di cioccolato fondente al 70%
250 gr. di farina 00
150 gr. di zucchero semolato
3 uova
60 gr. di olio extra vergine di oliva
125 gr. di latte
una bustina di lievito per dolci
3 piccole pere di maturazione media
cannella qb
un pizzico di sale
zucchero a velo
Preparazione:
Prima di iniziare ungere la teglia e infarinarla.
Prendete una bella ciotola dove versare lo zucchero e rompere le tre uova, sbattere finché non si forma un composto morbido e spumoso. Aggiungere la farina setacciata con un pizzico di sale poco alla volta e continuando a girare, unire l’olio ed il cioccolato sciolto a bagnomaria (che non sia bollente altrimenti via di frittatona al cioccolato).
Preriscladare il forno a 180 gradi, continuare a girare l'impasto fino a renderlo completamente uniforme. Sbucciare e tagliare le pere a dadini, spolverizzarle con un velo di cannella e di farina (la cannella rilascia il suo aroma profumato, la farina aiuterà i pezzetti di pera a rimanere in sospensione all’interno dell’impasto, evitando che vadano in caduta libera a depositarsi sul fondo del dolce).
Stemperare il lievito nel latte e versare il tutto sul composto, girando rapidamente fino ad incorporare perfettamente, versare a questo punto l’impasto nella ciambella e distribuire sulla superficie i pezzetti di pera. Infornare e lasciare cuocere nel forno già caldo per quarantacinque minuti, senza aprirlo se non a tempo scaduto per l’ineffabile prova stecchino. Lasciare che il dolce si raffreddi in forno e spolverizzalo di zucchero a velo prima di servirlo.
Il momento ideale per consumare questo dolce è intorno alle 1730 nel pomeriggio quando si risveglia un leggero languorino nello stomaco insieme ad una tazza di tè, o come dolce serale dopo una bella cena con amici accompagnato da una sfera di gelato alla vaniglia.
Non ha un perchè questa ricetta, avevo bisogno di farla per sentirmi vicino a più di una persona. I profumi che sprigiona nel forno, quei movimenti lenti che conosco e ripeto ormai da anni per prepararla mi consentono di pensare e schiarirmi le idee. E' la stessa sensazione che mi da quell'enigmatico quadro di Salvsdor Dalì, non lo amo particolarmente come artista ma devo ammettere che qualcosa di quest'opera mi attrae, mi permette di pensare.
Il tempo, gli orologi, la millenaria storia di un'opera d'arte in se (non un ingrediente qualunque) come il cioccolato ti fanno pensare alle cose realmente importanti e a ciò che realmente desideri. Quando morderete un pezzo di questo dolce vi sentirete avvolgere da un sapore forte deciso ma dolce e coinvolgente (sembra che parli di una persona quasi, ma è così le sensazioni che ho sono queste), la consistenza della pera così simile all'immagine degli orologi, una serie come sempre di sensazioni e si anche seghe mentali.
Come sempre buon appetito...
15/04/10
Peperoni in agrodolce con mollica e mandorle, Dedalo e Icaro e la canestra di frutta del Caravaggio? Il primo vero post di sensazioni pure...


DEDALO E ICARO
Icaro, era figlio di Dedalo e Naucrate, una delle schiave di Minosse. Il padre Dedalo era un ottimo fabbro, infatti Atena stessa l'aveva iniziato a quell'arte. Uno dei suoi apprendisti, era suo nipote Talo, figlio di Policasta, sorella di Dedalo. Già a sedici anni Talo aveva superato suo zio in abilità, difatti aveva inventato diversi attrezzi tra cui la sega. Essendo geloso perchè tutta la fama andava a Talo, decise di ucciderlo spingendolo dal tetto del tempio di Atena. Oltre ad essere invidioso Dedalo, sospettava che suo nipote avesse avuto dei rapporti incestuosi con Policasta. Dopo averlo spinto, Dedalo scese dal tempio e chiuse il corpo di Talo in una sacca, per seppellirlo in un luogo deserto. Interrogato dai passanti rispondeva che nel sacco c'era un serpente, ma camminando apparvero delle macchie di sangue sulla sacca e il delitto fu scoperto. L'anima di Talo volò sotto forma di pernice, mentre il suo corpo fu sepoltp là dove era caduto. Policasta, quando seppe la notizia si impiccò e gli Ateniesi eressero un santuario in suo onore presso l'Acropoli. L'Areopago condannò Dedalo all'esilio per omicidio; secondo altri, invece, egli fuggì prima di essere condannato da un processo. Dedalo si rifugiò in uno dei demi attici, i cui abitanti presero da lui il nome di Dedalidi; poi si fu accolto a Cnosso, in Creta, dal re Minosse che fu ben lieto di accogliere un artefice molto dotato. Egli visse per molto tempo a Cnosso, fino a quando re Minosse seppe che egli aveva aiutato Pasifae ad accoppiarsi con il toro bianco di Posidone, così rinchiuse Dedalo ed Icaro, avuto da Naucrate, nel Labirinto. Ma Pasifae li liberò entrambi. Fuggire da Creta non fu un'impresa molto facile, poichè Minosse faceva sorvegliare tutte le navi e offrì inoltre una ricca ricompensa a chi avesse catturato Dedalo. Con l'astuzia, Dedalo, costruì un paio di ali per se stesso ed un altro per Icaro. Dopo aver saldato le ali alle spalle di Icaro, con della cera, con le lacrime agli occhi, Dedalo gli raccomandò di stare attento e di non volare troppo in alto perchè il sole avrebbe potuto sciogliere la cera ne troppo in basso perchè le ali si sarebbero inumidite con i vapori del mare. Dopo questo, Dedalo si innalzò in volo seguito da Icaro. Mentre si allontanavano dall'isola, battendo ritmicamente le ali, i contadini, i pescatori e i pastori che alzarono lo sguardo verso di loro li scambiarono per dei. Quando si furono lasciate Masso, Delo e Paro alla sinistra e Lebinto e Calimne alla destra, Icaro disobbedì agli ordini del padre e cominciò a volare verso il sole, inebriato dalla velocità che le grandi ali imprimevano al suo corpo. Ad un tratto Dedalo, guardandosi alle spalle, non vide più suo figlio, ma soltanto delle piume sparse che galleggiavano sulle onde sotto di lui. Infatti il calore del sole aveva sciolto la cera e Icaro era precipitato in mare, annegandovi. Dedalo volò a lungo in quel luogo, finchè il cadavere di Icaro riemerse. Lo portò allora in un'isola vicina, chiamata ora Icaria, dove lo seppellì. Una pernice appollaiata su una quercia lo osservò scavare la fossa squittendo di gioia: era l'anima di Talo, finalmente vendicata.
PEPERONI IN AGRODOLCE CON MOLLICA E MANDORLE
Come per ogni ricetta di famiglia insegnataci da nonne, zie o mamme non ci sono dosaggi predefiniti o precisi, ma comunque un idea sulle quantità riesco a darvela... Tengo molto a questa ricetta e la pubblico quasi a mo di esorcismo...Buon appetito
Ingredienti:
2 peperoni grandi per arrostire
100gr di mollica di pane casereccio
80gr di mandorle sminuzzate
50gr di aceto bianco
10 gr di zucchero
Olio extra vergine di oliva qb
Sale qb
Preparazione:
In un bicchiere fare sciogliere lo zucchero nell’aceto mescolando con un cucchiaino.
Tagliare i peperoni a dadi piuttosto grandi e in una padella farli saltare a fuoco lento con abbondante olio. Giunti a cottura, mettere da parte i peperoni e nel loro olio bollente soffriggere la mollica di pane fino a quando non risulterà dorata e i pezzettini più grandi avranno acquistato croccantezza. Rimettere i peperoni nella padella e saltarli assieme alla mollica di pane aggiungendo le mandorle sminuzzate. A questo punto salate.
Aggiungere il composto di aceto e zucchero e continuare la cottura fino a quando questo non sarà sfumato del tutto e non si sarà creata una cremina.
Ovviamente vi starete chiedendo il perchè di questa associazione... è difficile spiegarlo ma ci proverò, forse solo chi mi conosce bene potrà capire.
L'idea è venuta in una notte di insonni pensieri, in cui ho terminato di leggere per la terza volta un libro splendido che parla delle cose più belle della vita. Pensieri tristi sensazioni di disarmante inadeguatezza e impotenza a volte accompagnati da un sorriso amaro altre volte da un dolce ricordo.
La ricetta di oggi è uno dei miei contorni preferiti per vari motivi: primo fra tutti mangiavo questo piatto da piccolo quando lo preparava la mia nonna, in secondo luogo credo che unitamente alla leggenda e alla meravigliosa opera d'arte del Caravaggio rappresenti appieno quel mix di sensazioni che mi accompagnano in questi giorni.
La voglia di vivere, di essere il cazzone allegro e spensierato, di realizzare i propri desideri, di stare vicini alle persone che si tengono nel cuore, di spaccare il mondo, contrapposte alle amare, a volte quasi cattive, improvvise situazioni che la vita ci offre...
Come Icaro quando cerchiamo di raggiungere il massimo che ci è possibile spingendoci anche oltre, ci scontriamo con l'amarezza del fatto che c'è sempre qualcosa che sfugge al nostro controllo a tarparci, o sarebbe meglio in questo caso, a scioglierci le ali.
Come nella ricetta quando assapori il dolce delle mandorle e dei peperoni e all'improvviso come una frustata ti colpisce l'agro dell'aceto.
Come la canestra di frutta bella rigogliosa piena di colore e varietà ma con quei buchi quelle imperfezioni che sono li a ricordare che non sempre è tutto come vorremmo.
Così è la vita, un periodo ti senti la persona più forte e motivata del mondo, il giorno dopo ti arrivano 1-2-3 mazzate tra capo e collo che ti stendono senza fiato e forze sul pavimento, sta alla tua forza, quella vera che c'è dentro di te permetterti ogni volta che capita di rialzarti e ricercare ancora quella sensazione di soddisfazione che ti manca come e più dell'aria... Ma a volte capita che da soli non ce la si fa e allora tutto si fa più difficile e diventa un'impresa ardua venire fuori da quelle inesorabili lente sabbie mobili delle mente.
Uno spunto per dire che nonostante tutto io ci provo e vorrei che tutti amici lettori ci provaste almeno un po' prima di abbandonarvi alle durezze che la vita ci mette di fronte ogni giorno. Almeno non avrete rimpianti ma solo la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per realizzare quei sogni e legittimi desideri che ogniuno di noi porta con se...
Alla prossima
03/04/10
La polinesia, il pollo al Curry e Gauguin??? rieccolooooooo


GLI ALBERI NELL'ANTICHISSIMA CULTURA POLINESIANA:
Quando Ta'aroa (il creatore) creò dalle sue piume la vegetazione non nacquero anche gli alberi, questi infatti furono generati dai corpi sepolti dei primi uomini. Ogni albero deriva da una parte del corpo: il Taro (una specie di patata) deriva dai piedi, il Ti (una palma) dalle tibie, l'Albero del Pane (uru) dall'addome, la Palma da cocco (haari) dalla testa, l'Ape dalle cosce e le foglie dall'intestino, l'Ibisco (aute) dai volti dei grassottelli, il Nono (albero dai frutti traslucidi miracolosi usati come rimedio medicinale universale) dal cerume delle orecchie, l'Hotu dal cuore, il Banano (meia) dalla trachea, il Castagno Tahitiano (mape) dai reni, le Felci arboree (nahe) dai reni...e così via...
Ogni albero ha la sua leggenda, per citarne due:
- La leggenda dell'Albero del Pane
In un tempo lontano sull'isola di Raiatea (l'isola sacra per eccellenza) viveva una famiglia. Durante una prolungata siccità non aveva nulla da mangiare, tutto esaurito a causa della carestia. Allora Ruata 'ata (Uomo buca) per non far morire di fame i suoi figli e la moglie Rumau 'arii (Verità senza inganni) si sacrificò e si trasformò nell'albero del pane che sfamò la famiglia e in seguito (espandendosi il prezioso albero nelle altre isole) anche il resto degli uomini.
- La leggenda dell'Albero del Cocco
Fra le storie a lieto fine è nota la leggenda della principessa Hina e del suo sposo Anguilla: si narra che Hina fu promessa in sposa al re del lago Vaihiria. Purtroppo, il giorno delle nozze la povera principessa scoprì che il suo promesso era una mostruosa anguilla che viveva nelle profondità del lago. Spaventata, Hina chiamò in soccorso il dio Maui, che uccise l’anguilla e le donò la sua testa, dicendole di piantarla nel suo giardino dopo aver fatto ritorno a casa sua. La ragazza seguì le istruzioni del dio e con suo enorme stupore, dopo aver piantato la testa d’anguilla assistette alla sua trasformazione in pianta. Nasceva così la palma da cocco: a ben vedere, se si osserva una noce di cocco, si notano tre macchie scure che tutt’oggi gli abitanti della Polinesia identificano con gli occhi e la bocca dello sposo di Hina.
POLLO AL CURRY
Ingredienti per 4 persone CICCIUTTELLE:
1 petto di pollo intero
4 patate belle grosse
3 peperoni medi (1 giallo, 1 rosso, 1 verde)
1 cipolla rossa
2 spicchi di aglio
1 pezzo di zenzero
1 cucchiaio di curry in polvere
mezzo cucchiaio di pasta di curry rossa (se lo gradite meno piccante usate quella verde)
1 barattolo di latte di cocco 250 gr circa
una manciata di prezzemolo
sale e pepe q.b.
Procedimento
Pelare le patate, tagliarle a cubettoni, sciacquarle e metterle a bollire.
Quando saranno quasi cotte scolarle e metterle da parte.
Lavare e tagliare a cubettoni i peperoni privandoli della parte bianca.
Tritare finemente cipolla e aglio, e metterli a rosolare in padella con un filo d'olio, quando saranno dorati aggiungere i peperoni e insaporire con sale e pepe, e portare a metà cottura e togliere il tutto dalla padella.
Tagliare a cubetti il pollo, infarinarlo e rosolarlo da tutti i lati sempre nella stessa padella dei peperoni, aggiungere peperoni e patate, regolare di sale e pepe e aggiungere lo zenzero grattuggiato.
Una volta che gli ingredienti sono caldi aggiungere il latte di cocco e i due curry, sciogliete e amalgamate il tutto e fate ridurre la salsa fino a quando non sarà cremosa.
Decorare con abbondante prezzemolo tritato.
PAUL GAUGUIN "No te aha oe riri?"(Perché sei arrabbiata?)
Al di là del titolo, qui vi è la rappresentazione del lento ritmo della vita quotidiana delle indigene, e soprattutto l'espressione dei valori pittorici raggiunti da Gauguin. La donna in piedi ha la forma del suo colore, ampia e sintetica, bene piantata, è una cosa della natura. La direzione trasversa del primo piano incide con quella parallela al piano di fondo della capanna, cioè la visione è in superficie, con suggerimento di spazio in profondità. Il rosso-viola della terra e del tetto e l'arancio-oliva delle carni si accordano con il verde azzurro dell'ombra e con il giallo luminoso della capanna. Padrone del suo modo di comporre e dei suoi accordi cromatici Gauguin produce con naturalezza una diapositiva nitida della vita tahitiana.
Un mix di colori, sapori e antichissime tradizioni leggendarie, culinarie e artistiche. I tre argomenti sono un tutt'uno con la tradizione isolana del pacifico, quei colori che hanno conquistato Gauguin, quegli odori, quei sapori freschi pungenti e leggeri ma sempre succulenti e soddisfacenti per il palato, quelle leggende che se raccontate ti trasportano in una rarefatta atmosfera di rilassatezza mentale. Il cocco un sapore unico come la sua leggenda e le sue rappresentazioni.
Era da un pò che volevo creare un parallelo tra arte cucina e leggenda riguardo questo argomento e devo ringraziare qualcuno che ha il neurone meglio funzionante del mio...
Il perchè di questa ricetta lo avrete capito dalla leggenda, ma forse vi sembrerà sterile la citazione di Gauguin.
Proverò a spiegarvi perchè proprio lui: un discorso di sensazioni visive e quasi tattili direi. La rilassatezza delle immagini poco nitide e definite mi portano proprio su quelle meravigliose isole con quella luce forte e quasi fastidiosa che rende tutto quasi magico.
Le pennellate morbide e piene di Gauguin mi portano alla consistenza voluttuosa della ricetta a pensieri piacevoli che riportano alla mente meravigliosi momenti...
Questa è la sega mentale del giorno commentate gente commentate!!!!
07/01/10
Notte stellata, La leggenda della Via Lattea e il salame di cioccolata? Proviamoci...


LA VIA LATTEA...
Tanti tanti anni fa, sui monti della Grecia, viveva la pastora Galatte. Aveva solo una capanna in cui ripararsi dal caldo eccessivo e dal freddo, quando faceva inverno.
Accanto a lei, solo due caprette, il suo unico sostentamento. Galatte viveva del loro latte, lo scambiava con il pane, il pesce... Era un po' stramba, ma nel paese le volevano bene, forse perché era un po' pazza, sempre sola, anzi, in compagnia delle caprette... Ormai tutti erano abituati a vederla arrivare, il passo un po' sbilenco, con il secchio del latte in mano e molti scambiavano poche tazze del latte con focacce, miele, formaggio... Galatte era la loro beniamina.
Passarono gli anni. Galatte, ormai quasi centenaria, fu richiamata in cielo da Zeus, il gran padre degli dei, ma... per uno strano patto con lui, ottenne di arrivare alla casa degli dei con il secchio del latte in mano! Le dee, gli dei, l'accolsero lieti: Galatte li incuriosiva , era buona, non aveva fatto mai del male a nessuno nella sua lunga vita e, benché povera, aveva sempre dato un po' del suo latte per le libagioni agli dei... soprattutto in offerta ad Era, moglie di Zeus, protettrice del parto... Già, Galatte non aveva avuto figli e la sua bizzarria più segreta era forse quella di essere devota ad Era, proprio a lei, che pure non sembrava averla esaudita nel corso della vita.
Al cospetto di tante divinità, Galatte si confuse, tutta per lei quella festosa accoglienza?! Si strinse nella povera veste, abbassò gli occhi, strinse le mani ancor più forte intorno al manico del secchio colmo di latte. Quando vide avanzare Era, vestita d'oro e di candida veste... Galatte fece per inginocchiarsi, ma Era dolcemente glielo impedì, rispettosa della sua età e... della sua artrite. Galatte ebbe gli occhi colmi di lacrime... Era la guardava, il suo sorriso sfavillante illuminava la casa serena degli dei... Era aveva una coppa nelle mani:"Galatte-disse-offrimi un po' del tuo latte...".La vecchina alzò il secchio, ma l'emozione... puff!!! Le fece rovesciare il latte... che cominciò ad inondare il cielo... gli dei ridevano, immergevano le mani nel latte, che sembrava non aver mai fine e giù bianco e profumato scendeva nel cielo, ruscelli, fiumi di latte! "Qui ci vuole un segno divino- disse Zeus!Il tuo latte-disse solenne alla vecchina sempre più confusa... sarà la più bella delle stelle, anzi... sarà miliardi di stelle, ad illuminare il cielo, un bianco sentiero di stelle... Ordino che sia, da oggi in poi...LA VIA LATTEA!".
IL SALAME DI CIOCCOLATA
Ingredienti per un salame:
250g di biscotti secchi
50g di nocciole (sbucciate tostate)
200g di cioccolato fondente
2 uova (freschissime)
100g di zucchero
150g di burro
2 cucchiai di Rum
Procedimento
Lasciate il burro fuori dal frigorifero in modo che si ammorbidisca a temperatura ambiente, e intanto sbriciolate i biscotti secchi e le nocciole in un ciotola capiente. Sciogliete a bagnomaria il cioccolato fondente e lavoratelo con un mestolo, fino a che diventi cremoso e senza grumi e lasciatelo raffreddare.
Quando il burro sarà abbastanza morbido, lavoratelo a crema con una spatola, aggiungendo a mano a mano lo zucchero, le uova, il cioccolato sciolto ormai raffreddato, e il Rum.
Amalgamate bene il composto ottenuto e versatelo nella ciotola dove avete sbriciolato i biscotti, mescolando e amalgamando bene il tutto. A questo punto avete ottenuto l’impasto per il vostro salame di cioccolato; ora sta a voi decidere se volete fare un grosso salame con tutto l’impasto oppure, dividendo l’impasto, due più piccoli.
Per dargli la classica forma del salame, dovete mettere l’impasto in un foglio di carta forno che arrotolerete pressando l’impasto per conferirgli forma cilindrica. Avvolgete poi il salame pressato nella carta stagnola e mettetelo in frigorifero così avvolto fino a quando sarà indurito(almeno due o tre ore); poi sarà pronto per essere tagliato a fette o portato intero a tavola ed essere affettato davanti ai vostri ospiti o commensali.
Dopo il ritorno in terra italica, passate le feste cosa c'è di meglio di una ricetta natalizia?
La sega mentale odierna riguarda un incrocio (come sempre un po' strampalato) di pensieri e idee. Mi è capitato per caso di imbattermi su feisbuc in una immagine della "Notte stellata" di Van Gogh, e bam! L'ho associato al salame di cioccolato perchè qualcuno la notte di capodanno ci ha visto un cielo notturno stellato... Sarà stato l'alcool o l'euforia della festa ma per me ci ha azzeccato (grazie paolo).
Cosa lega queste cose: un associazione di idee strana. Ho cercato la leggenda della via lattea e l'immagine di un fiume di latte mi ha fatto sentire in bocca quel sapore di casa di cose semplici e buone che associo al salame di cioccolato, dolce buono da famiglia fatto di ingredienti caserecci...
Il quadro mi da una sensazione di pace, tranquillità, casa, il cielo visto dalla mia finestra, le mie cose, la mia vita.
Alzate gli occhi una notte e provate a sentire in bocca questi sapori...
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